“Il tempo è un lusso che non abbiamo. I grandi inquinatori assumano le loro responsabilità politiche e rispettino gli impegni presi in favore del clima.”
Vivere in un pianeta sicuro e sano, è un diritto o un lusso per pochi? Gli esseri umani hanno tutti il diritto ad un clima che permetta loro di soddisfare i propri bisogni senza compromettere il diritto delle generazioni future?
Giustizia climatica: cos’è?
È il 1999. Corp Watch, un’organizzazione che si occupa di giornalismo d’inchiesta, rende pubblico un articolo nel quale, per la prima volta, viene utilizzato il termine “giustizia climatica”. L’intenzione è quella di risvegliare le coscienze individuali sul cambiamento climatico come questione non solo politica ed economica ma anche sociale.
Il j’accuse è chiaro: i paesi industrializzati che sono maggiormente responsabili dell’inquinamento da fonti fossili tengono fuori dalle tavole di confronto proprio le popolazioni che di quell’inquinamento ne pagano il danno al prezzo più caro. I paesi in via di sviluppo, i cittadini più poveri e indifesi, le donne ed i bambini.
La polemica si accende e la giustizia climatica diventa protagonista nel 2002 del “Climate Justice Summit”, un vertice che si tiene in contemporanea alla COP6 dell’Aia: il dibattito ha come obiettivo quello di creare una maggiore consapevolezza sulla necessità di inserire nuovi interlocutori nei negoziati internazionali che s’impegnino a far riconoscere il legame tra cambiamento climatico e diritti umani.
Chi paga i danni del cambiamento climatico?
I fenomeni metereologici estremi stanno aumentando in tutto il mondo: siccità, piogge torrenziali, uragani, tornado. A cadenza sempre più regolare.
In un rapporto riservato riportato dall’Observer, per i vertici della sicurezza USA il pericolo ambiente è superiore a quello del terrorismo.
Secondo il “Global Report on Internal Displacement” nel mondo ci sono 19,2 milioni di sfollati per calamità naturali. L’UNHCR-Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e l’IOM-Organizzazione Internazionale per le Migrazioni parla di 200 – 250 milioni di profughi ambientali entro il 2050 ma il diritto internazionale non prevede il diritto alla protezione come per i rifugiati.
L’appello della Chiesa
I vescovi della Chiesa Cattolica e i Presidenti delle conferenze episcopali hanno firmato un documento congiunto sulla giustizia climatica. Nel documento si legge:
“Il tempo è un lusso che non abbiamo. I grandi inquinatori assumano le loro responsabilità politiche e rispettino gli impegni presi in favore del clima.”
Giustizia climatica, giustizia energetica e accesso al cibo sono i punti centrali dell’appello lanciato in occasione della COP24: mantenere il riscaldamento globale sotto l’1,5°, promuovere la sostenibilità e favorire la transizione energetica dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili, trasformare l’attuale modello agroalimentare per fornire cibo sano ed accessibile a tutti.
“È necessario ed urgente – ha dichiarato Michel Roy il Segretario Generale di Caritas Internationalis – un profondo cambiamento nella direzione delle questioni climatiche. Possiamo salvare il pianeta e chi è a maggior rischio d’impatto delle condizioni metereologiche estreme, ma per fare ciò abbiamo bisogno della volontà politica.”