Il 29 maggio, in uno dei più importanti fiumi artici della Siberia, sono finite 20 mila tonnellate di diesel: Greenpeace non ha esitato a definire l’incidente come il “più grave disastro ambientale in Russia dal 1989”, quando una petroliera incagliata negli scogli del Golfo di Alaska riversò in mare 40 milioni di litri di petrolio.
La fuoriuscita di gasolio proviene dalla centrale elettrica di Norilsk Nickel, leader nella produzione di nickel, rame, platino e palladio. Secondo le prime indagini, la fusione del permafrost causata dall’innalzamento delle temperature, avrebbe danneggiato il serbatoio e generato la perdita di carburante e altri materiali tossici. Una parte del versamento è già stato assorbito dal terreno e si rischia la contaminazione delle risorse idriche, della flora e della fauna che vive lungo le rive del fiume.
Il versamento si è esteso per circa 12 chilometri e il pericolo maggiore è che raggiunga le acque dell’Artico e si dissolva prima che si riesca a organizzare il filtraggio e contenere l’espansione; si tratta di una zona difficilmente raggiungibile e le condizioni del territorio stanno rendendo le operazioni di intervento ancora più complicate.
La preoccupazione riguarda anche il già elevato livello di inquinamento: Norilsk è uno dei più grandi centri di fusione di metalli pesanti del mondo e ha un alto tasso di mortalità per malattie respiratorie causato dalle tonnellate di sostanze inquinanti che ogni anno vengono riversate nell’aria.
Disastro ambientale in Siberia: la riconversione energetica come priorità
“Questo ennesimo dramma – scrive Greenpeace – conferma che non possiamo continuare in questa direzione. In tutto il pianeta e non solo nell’Artico, molte infrastrutture industriali sono a rischio a causa dei cambiamenti climatici in corso e servono un maggiore controllo pubblico e piani di adattamento urgente per evitare altri disastri. I governi devono riconsiderare l’attuale modello di economia basato sui combustibili fossili e sull’abuso della natura. A partire da quello russo”.
La soluzione consiste nel prendere finalmente in considerazione le fonti rinnovabili come fonti di energia pulita, più sicura per l’ambiente e per la salute delle persone, e convertire l’economia tradizionale in un modello green che impieghi tecnologie capaci di contenere l’inquinamento e le conseguenze del riscaldamento globale.
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