Eleonora Cogo è Senior Scientific Manager presso la divisione Climate Simulation and Prediction del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici. Come membro della delegazione italiana ha partecipato ai negoziati ONU sui cambiamenti climatici che hanno portato all’Accordo di Parigi, dove negozia per l’Unione Europea. È co-chair del gruppo esperti europeo sull’adattamento e supporta le attività del focal point IPCC per l’Italia.

 

“Ondate di calore, precipitazioni estreme, siccità e innalzamento del livello del mare avranno un impatto profondo sul modo in cui produciamo cibo, energia, sulle infrastrutture, sulla salute, in particolar modo tra le fasce più vulnerabili della popolazione.”

 

Il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici è un istituto di ricerca scientifica sul sistema climatico e sulle sue interazioni con la società. Eleonora, può spiegarci in che modo il clima condiziona il nostro sistema sociale?

Non c’è nessun settore economico della nostra società che possa considerarsi immune dagli effetti dei cambiamenti climatici. Ondate di calore, precipitazioni estreme, siccità e innalzamento del livello del mare avranno un impatto profondo sul modo in cui produciamo cibo, energia, sulle infrastrutture, sulla salute, in particolar modo tra le fasce più vulnerabili della popolazione.

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In cosa consistono le politiche di adattamento e mitigazione? E sono sufficienti a tenere sotto controllo le conseguenze del rischio climatico?

Le politiche di mitigazione mirano ad affrontare la causa del problema, delineando strategie per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra o assorbire anidride carbonica dall’atmosfera ad esempio per mezzo della riforestazione. Le politiche di adattamento, invece, mirano a gestire gli effetti dei cambiamenti climatici, identificando misure preventive per eliminare o ridurre i rischi di possibili impatti, come per esempio l’introduzione di sistemi di irrigazione o la scelta di varietà agricole che resistano meglio a lunghi periodi di siccità.

Gli attuali impegni di riduzione delle emissioni porterebbero a un riscaldamento di 3°C entro la fine del secolo, ben al di sopra dei limiti previsti dall’Accordo di Parigi. L’IPCC nel suo ultimo rapporto ci dice che è ancora tecnicamente possibile limitare il riscaldamento a 1.5°C se arriviamo ad avere emissioni zero nette di CO2 intorno al 2050, ma per farlo è necessario avviare subito una rapida e profonda trasformazione dei sistemi energetici, agricoli, industriali e urbani.

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I ricercatori del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici erano presenti alla COP 24 di Katowice per i negoziati sul clima. Quale è stato l’esito di questo incontro? Possiamo ritenerci soddisfatti del “Rulebook”, il pacchetto di regole per rendere operativo l’Accordo di Parigi?

L’approvazione del “Katovice Climate Package”, com’è stato ribattezzato alla fine della COP, è stato un risultato molto importante, per nulla scontato. Le negoziazioni sono state lunghe e difficili, sia per via dei contenuti molto tecnici e complessi del documento, che per il contesto politico internazionale, altrettanto complicato.

Sono state definite regole e linee guida comuni per comunicare gli impegni di riduzione delle emissioni e per rendicontare i risultati raggiunti. Questi sono aspetti importanti che permettono di mettere a confronto gli impegni di riduzione dei vari paesi e di verificare che le politiche messe in atto stiano effettivamente dando i risultati auspicati.

 

In tutto questo, cosa può fare ciascuno di noi?

A livello personale possiamo cercare di fare scelte che prediligano soluzioni a basse emissioni, per esempio nei consumi e nella scelta di energia da fonti rinnovabili, prediligendo una mobilità sostenibile e una dieta a basse emissioni. Anche a livello di cittadinanza è possibile influenzare le politiche di governo, la mobilitazione degli studenti organizzata da Greta Thunberg, la giovane attivista svedese, ne è un esempio concreto. 

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 “Il tema del cambiamento climatico per lungo tempo è stato vittima di campagne di disinformazione, orchestrate a tavolino per screditare il lavoro di migliaia di scienziati impegnati in questo campo.”

 

Recentemente, un articolo pubblicato su un noto quotidiano nazionale ha scatenato una dura polemica da parte dei media ambientalisti contro le fake news: quanto è importante comunicare in modo scientifico il cambiamento climatico?

Fake NewsIl tema del cambiamento climatico per lungo tempo è stato vittima di campagne di disinformazione, orchestrate a tavolino per screditare il lavoro di migliaia di scienziati impegnati in questo campo. Anche se non ci sono più dubbi sul fatto che il riscaldamento globale del pianeta è stato causato da attività umane, la natura del problema è di per sé complicata e le informazioni fornite in merito vengono espresse con una misura di incertezza. Questo rende l’argomento particolarmente complesso da comunicare in maniera efficace, ma non può essere una scusa per rimandare azioni urgenti.

 

Eleonora, le vogliamo fare la nostra domanda. Quella che chiude tutte le nostre interviste. Per alcuni è un ricordo, per altri un luogo, un gesto o una naturale partecipazione a quello che ci circonda: per lei, invece, cos’è la natura?

A me il termine natura fa pensare alla biodiversità, quella complessa varietà di organismi, piante, animali ed ecosistemi che rende possibile la vita su questo pianeta e lo rende unico. Purtroppo, stiamo perdendo questo prezioso sistema di supporto a ritmi allarmanti, anche a causa dei cambiamenti climatici, e non ce ne rendiamo conto.

 

 

 Ebool - Il negazionismo climatico