Stanno cambiando la nostra aria, la nostra terra, i nostri ghiacciai ed ora… anche la nostra pasta. I cambiamenti climatici stanno condizionando a dir poco le nostre vite e, soprattutto, se non agiamo il prima possibile, cambieranno il nostro futuro. La novità è che il cambiare del clima del nostro pianeta avrebbe anche una influenza negativa su una delle cose più italiane che ci sia: la pasta, appunto.  A Fiorenzuola d’Arda, in Emilia Romagna, nel Genomic Reserch Center del Crea si stanno studiano gli effetti dei cambiamenti climatici sul grano per evitare di essere costretti, un domani, a mangiare solo pasta scotta. Cosa sta succedendo?
Nel Genomic Reserch Center l’aria che circola non è quella del 2018, ma quella del 2050, almeno per quel che riguarda la CO2, che è di 570-600 parti per milione, ossia la quantità di anidride carbonica attesa per la metà XXI secolo. E dai primi risultati non sembrano proprio esserci dubbi: con dosi extra di anidride carbonica, la produzione aumenta, ma la qualità diminuisce. Il grano duro prodotto con alta presenza di CO2 non solo contiene meno proteine, elemento fondamentale nella produzione della pasta, ed importantissimo per la sua tenuta in cottura, ma anche meno ferro e zinco. Per evitare che la pasta del futuro sia scotta le soluzioni sarebbero il ridurre i cambiamenti climatici ed il miglioramento genetico.
“Qui – ha spiegato ad AgriUe Luigi Cattivelli, il direttore del Genomic Research Centre – studiamo gli effetti del mutare delle condizioni esterne sulle piante e vediamo come agire, con il miglioramento genetico, per adattarle a queste nuove condizioni”.
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